Tenodie senza coro

L’autore

Sigitas Parulskis è nato nel 1965 nella Lituania nord-orientale, nel distretto di Rokiškis, e più precisamente nel piccolo villaggio di Obeliai. Qui ha frequentato le scuole medie prima di trasferirsi a studiare lingua e letteratura lituana all’università di Vilnius.

Si è laureato in Filologia lituana presso l’Università di Vilnius nel 1980.

Ha lavorato come redattore per alcuni periodici e quotidiani come Literatūra ir menas, Lietuvos aidas, Lietuvos rytas e Šiaurės Atėnai. È stato docente di scrittura creativa presso l’Ateneo della capitale lituana.
Nella sua produzione Parulskis alterna con scioltezza i generi letterari. Per la precisione ha coltivato, oltre alla narrativa e alla poesia, anche drammaturgia e saggistica.

I Testi

Il rapporto dei vivi coi defunti, il dialogo, diretto o indiretto, o il semplice richiamo o menzione dei propri defunti oppure il pensiero dei morti in generale, si manifesta come “topos” frequente nella poesia di Sigitas Parulskis, come egli stesso riconosce. Parulskis scrive trenodie senza coro e senza piagnistei di prefiche, trenodie in ‘a solo’ da dove si ode intorno ancora e sempre la musica di un “aulòs” che sa abbracciare con amore la visione. Riporta così alla ribalta l’importanza della “raudà”, il lamento funebre dell’antica poesia orale lituana e, come possibile suggestione ulteriore, aderisce – consapevole o meno – a un punto di vista vicino a quello dell”etica cosmica’ come rappresentata dalle teorie antroposofiche. La sua poesia si è guadagnata anche la definizione di ‘ispa?intin?’, cioè ‘di confessione’. Vi si trova un certo paralellismo con poeti di altre ex democrazie popolari in cui si confrontano sentimenti confusi, da una parte rispetto a un ordine sociale poco amato, ma che dava sicurezza, e dall’altra rispetto a un nuovo ordine in via di formazione, eppure diretto verso esiti imprevedibili e incerti.

Sigitas Parulskis

Trenodie senza coro

ISBN-13: 978 88 7536476-2

2021

pp. 144

cm 15*20,5

€ 16,00

Tempo di ghiaccio
segavamo la legna, le assi di una stalla
demolita, tronchi, grossi libri
di ceppi, pagina dopo pagina
anello dopo anello, mio zio alla sega
sant’antonio, mio padre ed io
suoi assistenti soltanto, da sinistra da destra
nevicava, i guanti bagnati, nevicavano
trucioli, ne riempimmo un capanno
intero, venne la mamma, sant’anna
discese dal cielo, disse prenderò
un’asse per appiccare il fuoco,
sant’antonio, prendine più d’una
vedi quanta ne abbiamo spezzata, lo
vedo rise mia madre, rise mio zio
rise il santo padre, ammutolì
la sega, riprese a muggire il bestiame
cessò lo sciabordìo del lago, allor
che fummo assunti in cielo

 

* * *

 

Porte pitturate del cielo

mio padre, ah mio padre pensò di costruire
un cesso dove fosse comodo sedere
dietro l’angolo della stalla, accanto al capanno
del legname, e la porta dal lato del lago
piantata la seduta mio padre parlò
vai ora, madre, a provare
a me va proprio, ora non mi occorre
ormai niente, e come va a voi, miei cari,
mia madre disse, forse ci sono troppi spunzoni,
rise mio padre, così avrete di che darvi da fare
urlò mia sorella, c’è corrente d’aria
il vento passa sulla schiena come una sega
forse è ancora troppo stretto il buco necessario
forse allarghiamo ancora un paio di dita
forse allarghiamo ancora è d’accordo mio padre
pialliamo ancora, sarà liscio come con un tavolo

mio padre, ah mio padre costruì una casetta
le assi profumate, le porte pitturate
finito il lavoro, sorrise mio padre
me ne sto sulle ginocchia del variegato mondo

 

* * *

 

Metamorfosi


una donna che corre verso la fermata
d’un autobus in sosta per poco, la donna s’affretta
e oscilla di lato per il peso dei suoi fagotti, impacciata
simile a una mucca costretta da una sella,
i capelli scarmigliati, coi seni che le escono dallo scollo,
le gambe a ‘O’, i polpacci con le vene varicose,
le labbra distorte dalla paura: ecco che ora parte
il mezzo di trasporto e lei tarda coi pesanti fagotti
al tavolo dove già l’attendono coi gomiti appoggiati
non ce la fa
sbatte a terra i fagotti
còlto lo sguardo del passante
di colpo s’imbarazza e impettita guarda
oltre i lillà dipinti d’azzurro
e concentrata
aspetta,
prototipo della madre del Cliente

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