Stanotte dormirò dalla parte del muro

L’autore

Giedra Radvilavičiūtė è nata a Panevėžys, nel nord della Lituania, nel 1960. Terminati gli studi di lituanistica all’università di Vilnius, ha lavorato prima come insegnante in una scuola di provincia, poi nella redazione di alcuni periodici. Dopo aver vissuto per qualche anno negli Stati Uniti, verso la fine degli anni ’90 ha iniziato a pubblicare sui periodici culturali del suo Paese. Nel 2002 ha raggiunto la notorietà partecipando al romanzo collettivo Siužetą siūlau nušauti [“Propongo di sparare alla trama”, Vilnius: Baltos lankos, 2002]; dopodiché ha pubblicato due raccolte di scritti brevi: Suplanuotos akimirkos [“Attimi pianificati”, Vilnius: Baltos lankos, 2004] e questo Stanotte dormirò dalla parte del muro. Pubblicato in Lituania nel 2010, quest’ultimo libro ha valso all’autrice il Premio letterario dell’Unione Europea nel 2012. Recentemente è uscito il suo ultimo lavoro, Tekstų persekiojimas. Esė apie rašytojus ir žmones [“Caccia ai testi. Saggio sulle persone e sugli scrittori”, Vilnius: Apostrofa, 2018].

Giedra radvillavičiūtė 

Stanotte dormirò dalla parte del muro

Traduzione dal lituano

di Adriano Cerri e Irina Dvizova

ISBN-13: 978887536428-1

2018

pp. 206

cm 13*20,5

€ 17,00

I testi

Le storie contenute in questo libro non si possono inquadrare in un genere prestabilito: sono saggi semi-autobiografici nei quali l’autrice gioca consapevolmente sul confine fra realtà e invenzione. Al posto della trama il lettore incontra un gomitolo annodato di ricordi e realtà, quotidianità e fantasia, come «un’impalcatura che sostiene tutte le altre storie che sembrano emergere spontaneamente».
(Elena Baliutytė)

La sensibilità sofisticata di questi testi rivela un’esistenza ricca, un profonda attenzione al mistero racchiuso in ogni momento. La scrittura della Radvilavičiūtė riesce ad essere allo stesso tempo ironica, leggibile − scevra da pomposità ed esuberanze − e mai banale, pervasa di ironica intelligenza: «concettualmente elegante come un’equazione fisica».
(Vincent Czyz, PRI’s The World)

«Gli scrittori sono completamente nudi nei propri testi, persino quando vogliono celarsi dietro a fantasie, come il Medioevo o il Rinascimento, o eventi appartenenti ad altre vite, o il sesso opposto».
(Giedra Radvilavičiūtė)

«Penso che non sia lo scrittore a scegliere il genere, ma il genere a scegliere lo scrittore».
(Giedra Radvilavičiūtė, intervista)

Necrologio

Partirò da una comunicazione che vi riguarda più o meno tutti: spegnete i cellulari per una ventina di minuti. La cena funebre si terrà al ristorante kebab “Interpol”. Se c’è qualche forestiero che intende unirsi, sicuramente saprà trovarci seguendo l’odore.
Carissimi… in questa domenica per tutti così piena di impegni, potremmo senz’altro accompagnare la cara salma all’altro mondo – quel mondo che per ora ci resta ignoto – in maniera consueta: con decine di frasi fatte, badando di non infrangere le regole di questo mesto genere letterario e della tradizione da noi consolidata. Ci risparmieremmo un gran chiacchiericcio alle spalle dicendo: resterà viva per lungo tempo nei cuori di chi l’ha conosciuta, d’ora innanzi ci unirà la dolce tristezza del ricordo, che riposi in pace… o qualcosa di simile. Ma non ho mai sopportato, esattamente come lei, gli stereotipi e le verità indiscutibili. Questa poi, che “dei morti niente si dica se non il bene”, mi manda su tutte le furie. Mi sento in diritto di ricordare la mia più cara amica proprio così come ella fu. Perché? Perché la conoscevo meglio di tutti voi che siete qui, e probabilmente di chiunque altro in Lituania. Sia la sua vicenda biografica, ormai seppellita con lei nella cittadina natale, sia i suoi progetti rimasti incompiuti. Per quanto io fossi singolarmente timida e la mia amica, al contrario, sfrontata, pure qualcosa ci ha accomunate. Infatti quando comparivamo insieme in pubblico, soprattutto in occasioni quali presentazioni, fiere del libro o serate letterarie, succedeva sempre che qualcuno confondesse i nostri volti, i nostri gusti e le nostre opinioni. Ad essere onesti, lei era invecchiata, ingrassata, ingrigita e intristita molto più in fretta di me. Una volta affermò che a invecchiarla non erano gli anni, ma le percezioni. Anch’io ho notato come le persone che conservano più a lungo il loro fascino siano gli infantili, gli esuberanti e gli ottimisti. Quando perdeva un paio di orecchini, la mia amica non se ne comprava mai uno nuovo, io invece correvo subito, l’indomani, a comprarne di ancora più lussuosi, magari di Swarowski. E se, estraendo un rossetto, vedeva che non ne restava che un mozzicone, si rattristava al pensiero che fosse quasi finito. Al contrario, vedendo quello stesso mozzicone a me veniva sempre da pensare che fosse appena iniziato. La mia amica pensava alla morte molto più spesso di me. E anche ai necrologi. Io ho mantenuto fino ad oggi una forma, anzi, delle forme giovanili. Lei portava la protesi ai denti superiori già da cinque anni, io non l’ho messa che l’anno scorso. Anche l’ultimo uomo lo ebbe ormai diversi anni fa – intendo, un uomo che amasse – mentre io ho un compagno proprio qui tra voi… Grazie di essere qui, Artūras.
Come ho già detto, a nessuna delle due è mai piaciuto quando negli elogi funebri o nelle campagne elettorali tutti diventano improvvisamente buoni, belli (specialmente nelle fotografie ingrandite alla svelta per la camera ardente), padri e madri di famiglia praticamente senza macchia, non più depravati e non più alcolizzati, e se proprio bevevano come spugne, beh, lo facevano per qualche motivo giustificabile. Un’opera pia, ad esempio. Un anno fa assistetti ad un encomio funebre nel cimitero di una cittadina, e quasi mi venne paura che quell’ex maestro di scuola media “eternamente giovane anche a 84 anni, energico e solerte, sempre sospinto da nuove idee creative” l’avessimo seppellito ancora vivo. Forse che il modo di dire “resta vivo nei nostri cuori” significa, nella sua accezione più lugubre, proprio questo? Con un tale eufemismo abbiamo forse edulcorato di proposito questo atto compiuto senza la certificazione dei medici? Sono convinta che in tutta questa maledetta fretta generale capita ogni tanto di sotterrare qualcuno senza i dovuti accertamenti. Magari qualche anziano signore addormentatosi dopo pranzo, ben lavato e pettinato – si direbbe di proposito! –, con un giornale sugli occhi, come un tempo si faceva coi libri di preghiere. Vi ricordate?.. Mi pare fosse Marina Cvetaeva a pregare che nessuno avesse fretta di sotterrarla. Che le mettessero uno specchietto davanti alle labbra più e più volte, che fossero ben sicuri che nessun alito vitale invisibile a occhio nudo ne appannasse la superficie. E poi c’è Gogol’ che si rigirò nella bara. O forse fu Marina a rigirarsi e Gogol’ a verificare? Adesso non ricordo. Ma è lo stesso. […]

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