Sonéá
Storie e racconti che ho sentito narrare

L’autrice

Odete Costa Semedo è nata a Bissau nel 1959, nell’allora Guinea portoghese. Si è laureata in Lingue e Letterature Moderne presso la Facoltà di Scienze Sociali e Umane dell’Universidade Nova de Lisboa, nell’anno accademico 1989/1990.
Al ritorno nel paese, nel 1990, ha assunto il coordinamento nazionale del progetto di lingua portoghese nell’istruzione secondaria, finanziato dalla Fondazione Calouste Gulbenkian. Nello stesso periodo, è stata invitata ad assumere la direzione del Collegio Tchico-Té (in portoghese: Escola Normal Superior Tchico-Té ); allo stesso tempo, ha lavorato come insegnante.
È la fondatrice della rivista Revista de Letras, Artes e Cultura Tcholona.
Dal 1995 in poi, ha ricoperto diversi incarichi di rilievo, assumendo i ruoli di Direttore Generale dell’Educazione della Guinea, Presidente della Commissione Nazionale per l’UNESCO – Bissau, Ministro dell’Educazione Nazionale (da giugno 1997 a febbraio 1999) e Ministro della Sanità (da marzo 2004 al novembre 2005).
Ha assunto dal gennaio 2013 al settembre 2014 la carica di preside dell’Università Amilcar Cabral.
Attualmente è ricercatrice, nella capitale guineana, presso l’Istituto Nazionale di Studi e Ricerche, per le aree Istruzione e Formazione, e  ricopre il ruolo di secondo vicepresidente del Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e di Capo Verde (PAIGC).
Nel 2003 ha ricevuto il premio per la personalità che ha contribuito allo sviluppo globale della Guinea-Bissau.
Nel 2006 si è trasferita in Brasile per conseguire il dottorato in Lettere. Presso la Pontificia Università Cattolica di Minas Gerais ha dibattuto la sua tesi “As mandjuandadi – Canti femminili in Guinea-Bissau: dalla tradizione orale alla letteratura” .
Odete Semedo è stata segretaria generale e una delle fondatrici dell’Associazione degli scrittori della Guinea-Bissau nel 2013.
Al suo attivo ha anche due libri di poesie (Entre o Ser e o Amar, 1997; No Fundo Do Canto, 2007); e i saggi Guiné-Bissau – História, Culturas, Sociedade e Literatura (2010) e Literaturas da Guiné-Bissau – Cantando os escritos da história (2011).

 

I testi

È tradizione delle società antiche, ma ancora oggi presente seppur con minor frequenza, che la comunità, intesa come nucleo familiare, come gli abitanti di un villaggio o un gruppo di vicini, si riunisca al calar della sera, spesso sotto la fronda di un grande albero o nel cortile di casa, per cantare e raccontare eventi, per ascoltare e farsi ascoltare, ripetendo storie favolose o appartenenti al passato della stessa comunità. Eppure, la tradizione orale non è solo un mezzo di espressione estetica di una società che non si avvale della scrittura, ma è molto di più. È, soprattutto, l’espressione di una comunità dove la vita di gruppo svolge un ruolo estremamente importante; dove la vita comunitaria è ancora dinamica e continuamente preservata per opera della convivenza e dell’intercomunicazione attraverso l’uso della parola. Odete Costa Semedo decide di intraprendere un percorso linguistico legato alle radici della sua Guinea Bissau, dimostrando, così, la sua grande capacità di scrittrice e narratrice, ma mettendo anche in luce il piacere personale di ascoltare quei racconti che l’hanno accompagnata durante la sua infanzia e gioventù. L’autrice confessa la soddisfazione di poter praticare questa antica usanza del narrare, che risale ai tempi dei suoi nonni e dei quali, sottolinea con orgoglio, sente ancora l’influenza.
 

Odete Costa Semedo

Sonéá. Storie e racconti che ho sentito narrare

 

Cura e traduzione dal portoghese

 

di Stefania Mattarello

 
 
 
 

ISBN-13: 978887536546-2

2024

pp. 100

cm 13 x 20,5

€ 13,00

– È vero, zio, avete ragione, ma questo comportamento che vi turba così tanto, questa diffidenza che “noi della città” abbiamo, ha a che vedere con il nostro modo di vivere. Quasi tutti andiamo di fretta e alla ricerca di qualcosa che nemmeno noi conosciamo. Poi ci sentiamo smarriti. Avvertiamo il bisogno di voler andare oltre l’orizzonte, oltre la ragione, oltre il mare e sognare. Quasi tutti noi cerchiamo una fonte a cui attingere e, a volte, ne troviamo solo l’immensità, l’eco o l’’immagine virtuale. Ma questo non è il peggio. Quello che più preoccupa è il momento di esitazione e indecisione che viviamo: dobbiamo metterci alla ricerca come gli altri oppure no? Dobbiamo essere meri e passivi spettatori di questo mondo o forse dobbiamo seguirne l’eco? Zio, forse non immaginate neanche cosa…
– Immaginare cosa? Cosa succede là? Immagino eccome! E al di là dell’immaginazione, so molto di più di quanto tu possa immaginare e capire in questo momento della tua vita e della tua età. Un giorno comprenderai la vita, con tutte le sue peripezie e sorprese. Ad ogni modo, adesso dovrai tornare a casa da sola e sarai tu a raccontare di questo nostro incontro. Ora lo puoi fare dato che hai rispettato tutti i passaggi del matrimonio. Questa cosa la dovrai raccontare a chi avrà il tempo di ascoltarti. Questa persona esiste e si trova in città, da qualche parte. Saprai riconoscere la persona giusta, se saprai leggere il suo volto! Ogni tanto, avrai il dovere di guardare indietro, di ripensare alle cose che sono qui per comprendere meglio ciò che succede là. Io resterò qui perché questo è il mio posto! Se un giorno vorrai tornare, tu o il figlio che avrai, mi troverai qui, in questa lála infinita, che è la mia finestra. È da questa finestra che posso ammirare l’orizzonte mentre genera il sole. È da questa finestra che osservo il verde del campo quasi incolto. È da questa mia finestra, da questa lála ancora verdeggiante, che assisto al tramonto del sole e ammiro la tabanca dello zio Butokan, annerita dagli incendi. È da questa finestra, che tu ormai già conosci, che vedo il fumo del fuoco che preannuncia il calar della sera nel villaggio. È attraverso questa piccola, ma immensa finestra, che vedo e comprendo quanto è grande la bocca di questa terra… questa terra che, giorno dopo giorno, sia apre per consumarci. Ed è da questa finestra che il mondo viene fino a me e sento le voci ancestrali dello zio Busnassum, della zia Abokubin, dello zio Butokan. È da questa finestra che osservo tutta Nbirindolo e il suo panorama, a cui tu già appartieni, Sonéá. È da questa finestra che io, Kilin Kondon, figlio di Ntoma, vedo il saggio Bufetar e vedo te, Sonéá, mia dolce bambina.
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