Soltanto una speranza mi è rimasta

L’autrice

Larysa (Lesja) Kosach nacque nel 1871 a Novohrad-Volynskyi, in una famiglia nobile e colta, non ricca, ma in grado di dare ai bambini un’educazione dignitosa. Il padre era un alto dirigente pubblico, la madre era scrittrice e personaggio pubblico, insegnante e autrice di libri per bambini. A quei tempi, la russificazione forzata era all’ordine del giorno nell’Impero russo, ma la famiglia di Lesja e il suo entourage erano profondi conoscitori della cultura ucraina ed “europeisti” schietti. L’ideale della giovane Lesja era lo zio Mykhailo Drahomanov, un importante storico, filosofo e sostenitore dell’Ucraina “europea” del futuro. Il suo pseudonimo era “Ukrajinets” (“l’ucraino”) – forse è per questo che Lesja avrebbe in seguito scelto come proprio nome d’arte “Ukrajinka”. Grazie all’ambiente circostante, Lesja, a differenza di molti degli scrittori ucraini suoi contemporanei, praticamente non fu influenzata dalla cultura russa. La sua attenzione fu attirata dalla Grecia e da Roma, dall’Italia e dalla Francia, dai momenti chiave della storia europea. Attraverso questo percepì anche la storia ucraina, trovando dei parallelismi. È sorprendente che anche la poesia più “politica” di Lesja non suoni mai come un manifesto di piazza e basta. Ogni appello alla libertà non è mai una ripetizione di slogan alla moda, ma una voce del cuore, vissuta e sofferta, un desiderio di libertà personale, per ogni individuo. Ed è solo da individui liberi che si può creare una società libera.

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I testi

Lesja Ukrajinka

Soltanto una speranza mi è rimasta

Cura, note e traduzione dall’ucraino di Olga Matsyna

Postfazione di Kseniia Konstantynenko

ISBN-13: 978887536487-8

2022

pp. 104

cm 13 x 20,5

€ 13,50

Una speranza

Non ho più libertà né destino,
mi è rimasta soltanto una speranza:
quella di tornare ancora una volta in Ucraina,
di rivedere il mio paese natìo,
di rivedere l’azzurro fiume del Nipro
vicino al quale mi è uguale se il vivere o il morire,
di rivedere la steppa e le tombe,
di ricordare un’ultima volta i miei pensieri che bruciano.
Non ho più libertà né destino,
soltanto una speranza mi è rimasta.

* * *

Canzone

Quali sono i fiori più belli
se non quelli primaverili?
Quali sono gli anni della vita migliori
se non quelli della gioventù?

Non appassite, o fiori rigogliosi,
Restate freschi almeno fino all’estate
Aspettate, anni della vita, il destino giunge,
Non fuggite dal mondo!

I fiori rigogliosi non si dischiudono
due volte in una stagione.
Nella vita, gli anni migliori
non vengono mai due volte.

* * *

Do (Inno, Grave)

A te, Ucraina, nostra madre senza destino,
suoni la mia prima corda.
Questa corda riecheggerà, piana e solenne,
e la canzone sgorgherà dal cuore.

Quella canzone, in volo, farà il giro del mondo,
e con lei l’amata speranza
volerà per il mondo e chiederà alla gente
dove è l’ignota sorte.

E, forse, un giorno la mia canzone libera incontrerà
quegli uccelli che sono canto,
e allora velocemente fuggirà quello storno sonoro
per le strade più tortuose,

attraverserà il mare blu, sorvolerà montagne,
volerà sulle distese immense,
salirà in alto nel cielo
e forse troverà quel destino.

Forse, allora, tornerà quella sorte anelata
alla nostra casa natìa,
da te, o mia cara amata Ucraina,
mia madre infelice!

* * *

Chi vi ha detto che sono debole

Chi vi ha detto che sono debole,
che mi piego al mio destino?
Forse trema la mia mano
o fiacchi ho il canto e il pensiero?

Mi avete sentito iniziare
i lamenti e i riti funebri,
ma era una tempesta di primavera,
non la fanghiglia d’autunno.

Mentre d’autunno, che confusione!
Chi fiorisce, chi appassisce,
a quel punto anche il salice piangente
si tinge d’oro e di scarlatto!

Quando il duro inverno
coprirà di neve i fiori e i colori,
sarà egli stesso a spargere sulle loro tombe
le pietre preziose.

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