Ponente

L’autore

Antonio Bux (Foggia, 1982) ha pubblicato, tra l’altro, Trilogia dello zero (Marco Saya 2012; rosa premio Montano, vincitore premio Minturnae), Kevlar (Società Editrice Fiorentina 2015; premio Alinari), Naturario (Di Felice 2016; rosa premio Viareggio), Sativi (Marco Saya 2017; selezione premio Città di Como) Sasso, carta e forbici (Avagliano 2018; premio Alfonso Malinconico) e il recente La diga ombra (Nottetempo 2020; premio Umbertide XXV aprile). In spagnolo ha pubblicato 23 – fragmentos de alguien (Buenos Aires 2014), El hombre comido (Buenos Aires 2015), Saga familiar de un lobo estepario (Toledo 2018) e in vernacolo foggiano la silloge Lattèssanghe (Le Mezzelane 2018; selezione premio Città di Ischitella – Pietro Giannone). Nel 2014 gli è stato conferito a Firenze il premio Iris. Come traduttore ha curato i volumi Finestre su nessuna parte (Gattomerlino Superstripes 2015) di Javier Vicedo Alós, Bernat Metge (Joker 2020) di Lucas Margarit e Contro la Spagna e altri poemi non d’amore (Nessuno editore 2020) di Leopoldo María Panero. Ha fondato e dirige il blog Disgrafie e alcune collane per le Marco Saya Edizioni e per l’editrice RPlibri.

I testi

Sono occhi di un cieco, queste poesie, roteano dentro le distanze impossibili dell’amore, intorno alla vista che manca: un girare a vuoto se non fosse incrinato da una eco, il fuoco sonoro che fa da cuore alle immagini e le trascina oltre se stesse, nell’unico buio che con il suo ritmo rende possibile il vedere.

Antonio Bux

Ponente

ISBN-13: 978887536469-4

2020

pp. 76

cm 13×20,5

€ 13,00

* * *

Avere un ricordo grande della vita,
così bello che non si esisteva.
Voluto fortemente in natura,
il corpo presta e si dà, non muore
se la sua fune paziente
va verso il monte sognato anni prima.

È stato un poco ricordare, ma ora
qui assente, tace in sé o parla
il corpo lontano galassie.
Espande quasi veggente la morte,

la vede nei giorni futuri
involontariamente migrando,
come già stata qui, ma non era
che un ricordo a farla presente.

Così di colpo si è fatta grande,
e in un filo d’aria tiene il pensiero,
che c’è solo un sereno da amare
e prati far diventare gli amici.

Così bello da dire anche vivendo
che non si esiste ma d’una potenza
attrae il pensiero, e di grazia totale
a sparire, nuvola che non c’è
altro dio, né immortale chimera,
la loro parola vive negli occhi.
Nessun mistero più di questo reale
pretende d’essere vero, la vita
infinita è per finta che viene
a dare missione di spazio
in un luogo più buio.

Non se ne voglia il destino, se non
si sa imparare più cose
di quelle già avute, è più forte
il sentiero di essere, la solitudine
insegna lo sguardo

 

* * *

Ti sei mai chiesto dove sogna la notte?
Forse tra le note di tamerici, o sul cuore
di un gufo già cielo, o nella mescita
rossa sulle labbra della creatura
così bella da sembrare di notte animale
la sua natura di donna terrestre

saprebbero le tenebre sognare l’amore?
Un’eco fortunata spoglierebbe quelle vesti
dando la caccia a un calmo filo d’erba
solo per vedersi di pioggia sopra nuvole
che sanno di dominare la terra e quel vento
quasi umano risponderebbe che la notte
soprattutto sogna di giorno

quando il viso ti riforma in chi sei
e l’ubriachezza molesta è troppa nebbia
che il cuore del gufo per te disponeva
e il vino era il bacio acceso sotto la pioggia
e tu che sfioravi l’erba da solo
pensando a com’era bella quella creatura
nascosta tra le tamerici a cantare
l’assenza dell’eco, la tua tenebra vera…

(Fortuna ora è notte e non chiede che sogni)

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