La strega e la pioggia

L’autore

Jurga Ivanauskaitė è nata nel 1961 ed è morta nel 2007 a Vilnius divorata dalla malattia. Ispirandosi a femminismo, filosofie orientali e scritti gnostici, ha scritto sette romanzi e resoconti di viaggio, molti dei quali sul Tibet dove ha soggiornato a lungo.

I testi

La strega e la pioggia provocò in Lituania uno scandalo nazionale a causa dei temi trattati, ovvero tre storie d’amore parallele raccontate da tre donne: una contemporanea, una strega medievale e Maria Maddalena. Il romanzo fu condannato dalle autorità cattoliche (evidentemente per il fatto che le storie d’amore coinvolgevano religiosi), fu censurato, tolto dalle librerie e relegato nei negozi di prodotti erotici, il che ovviamente ne moltiplicò le vendite e ne favorì le traduzioni.

Jurga Ivanauskaitė

La strega e la pioggia

ISBN-13: 978-88-7536-328-4

2020

pp. 338

cm 13*20,5

€ 23,00

[…] Verso il confessionale presso il quale stava inginocchiata M. V. arrivò un frate dal volto di fanciulla. Quando il novizio prese posto e si mise la stola, la donna sentì il suo odore: l’abito imbevuto di umidità, di latte e di incenso. La mano del monaco era indicibilmente pallida, perfino bluastra, e le dita sottili, con degli strani ampliamenti intorno alle unghie, ricordavano quei funghi velenosi che a volte nascono sulle cacche. M. V. si pentì di aver scelto proprio lui, ma ormai non poteva più cambiare.
La donna sussurrò molto velocemente, a lungo e a voce bassa. Quelli che videro il volto del giovane monaco si accorsero di come si riempisse di macchie rosse e grondasse di sudore, di come le sue labbra morbide, incorniciate da una barbetta trasparente e dai baffi, si torcessero per una smorfia di repulsione o di orrore e di come gli brillassero gli occhi impazziti.
A un tratto nella chiesa si fece assoluto silenzio. Si udivano soltanto i colombi svolazzare nel sottotetto e l’eco che stranamente deformava e rafforzava il fruscio delle loro ali. E fu allora che il novizio, facendosi il segno della croce, proferì:
«Strega!».
Il silenzio divenne assordante. Tutti, come un sol uomo, e come se obbedissero a un ordine muto e segreto, guardarono la donna, e quella invano, avendo percepito l’acutezza insopportabile di quello sguardo, cercò di coprirsi il capo nel velo di seta rossa.
«Strega!» ripeté il monaco già più forte e uscì dal confessionale. Segnandosi con la sua mano dalle dita speciali, gridò con quanta voce aveva in corpo: «Strega! Strega! Strega!». Vacillò, schiumante dalla bocca, rovesciò il capo verso il cielo, come se si trovasse nel deserto e non ci fosse anima viva attorno che potesse udire il suo grido profetico: «Strega! Per volontà di Dio grido così forte quanto posso! Vescovi, principi, re, uomini buoni, non lasciate vive le streghe! Annientate questa peste del genere umano! Ce lo ha ordinato Iddio stesso! Strega!».
In un attimo tutti fino all’ultimo nella folla rimasero fermi come colti da un fulmine. E poi si mossero, ondeggiarono, e nella chiesa si levò un rumore terribile. Come le fauci di un’idra enorme, la folla spalancò la bocca, afferrò la donna e la morsicò, la masticò, la triturò fra i denti, la annegò nella saliva, la batté con la lingua, la premette contro il palato, schioccò le labbra, mugolò, gorgogliò, la inghiottì, la vomitò e finalmente la sputò mezzo morta oltre il portone del tempio.
M. V. giaceva al suolo e dalle fessure degli occhi vide una moltitudine di mani rabbiose svellere le pietre del selciato. E appena qualcuno la risollevò e la mise sulle sue gambe incurvate, aveva tutto il corpo dolorante. La gente attorniò la peccatrice in un cerchio ristretto. Non aveva mai visto prima tanti brutti ceffi tutti insieme. Si sentì in una gabbia. Con un grido irripetibile, le parve di sentire il tintinnare delle grate che calano e lo scricchiare dell’ultimo chiavaccio. Nella testa di M. V. balenò un unico pensiero: «Che almeno mi uccidessero all’istante, che almeno mi colpissero in fronte, alle tempie, alla nuca, e non nella schiena, sul ventre o nel petto, che almeno mi uccidessero subito con le loro pietre…». E una gragnuola di pietre si abbatté su di lei. E il dolore la inondò come la nona onda. Poi si instaurarono silenzio e completa oscurità.
Silenzio e completa oscurità.
Silenzio e completa oscurità. Rannicchiata come un neonato nelle viscere della madre, M. V. se ne stava rintanata in uno stretto lettino asfissiante, riempito di oscurità quasi fosse inchiostro nero. Che sia questo l’inferno?! Davvero lei è già morta, se pure ancora respira e avverte un dolore ora acuto, ora sordo per tutto il corpo, se sente la puzza e se ancora ode? Ode un ansimare rumoroso che poco a poco diventa una nenia e infine una canzone:
«Ninna nanna, bimba bella, piccinina.
Se pur piccol piccolina, sei tanto bellina.
Ninna nanna, bimba bella…».
Così cantava una voce femminile accanto all’orecchio di M. V.
Davvero è questo l’inferno, e accanto con voce fine e delicata canta lo spirito di un’altra peccatrice? Poco a poco M. V. cominciò a distinguere gli odori dell’inferno: la puzza di urina, di escrementi, di sudore e di sangue marcio. La donna provò a stirarsi, ma i suoi piedi nudi incontrarono subito una parete limacciosa. Appoggiandosi, scivolò dalla parte opposta e urtò la nuca dolorante sulla pietra fredda. L’inferno era incredibilmente angusto. La donna sollevò la mano e con la punta delle dita ne sfiorò il soffitto, ricoperto di qualcosa di molliccio e tenero, bagnato e orrendamente schifoso. Chissà in quale girone dell’inferno si trovava? Il canto cessò, ma la creatura che le stava accanto respirava ancora. Improvvisamente una mano flaccida, tiepida e umida sfiorò la fronte di M. V. La donna strillò dallo spavento, tentò di tirarsi da parte, ma subito urtò nella parete ed alcuni ferri acuminati le si piantarono nella schiena.
«Non urlare» consigliò la foce femminile «occorre urlare solo quando ci sono i topi. A volte per spaventarli basta cantare: ninna nanna, ninna nanna… Laggiù, dove hai i piedi, c’è il buco del gabinetto. Loro vengono da lì…».
«Chi?».
«Ma i topi. Qui ce ne sono tanti. Specie d’inverno…».
«Dove qui?».
«Ma in quest’inferno…».
«Inferno? Ah, sono davvero all’inferno?».
E di colpo rimbombò una sonora risata di gola. M. V. si raggomitolò come se quel suono la sferzasse con la frusta.
«E che, forse non sai dove sei finita?».
«No. Non lo so. Mi hanno tirato pietre, e poi non mi ricordo altro…».
«Pietre? Come a Maria Maddalena? Forse sei capitata qui per dissolutezza?».
«Sì…» sussurrò M. V. e singhiozzò penosamente.
«Che ti sei messa col diavolo?» la donna rise di nuovo, fragorosamente e spensierata, quasi sedesse al sole, sotto un albero in fiore, bevesse vino rosso e un amante le sussurrasse nell’orecchio una storiella piccante. «Hai avuto un rapporto con il Maligno?!».
«No lo so…».
«Ah, ah! Non lo sa! Lo saprai presto! Udrai sul tuo conto di quelle cose che non ti sei mai sognata! Ti posso già dire cosa ti chiederanno. Pensa prima le risposte, così ti tortureranno meno. Ti faranno la stessa domanda più di cento e più di mille volte. Hai capito, strega?».
«Io non sono una strega…».
«Ah, ah! Lei non è una strega. Mia cara, qui non ci arrivano le donne oneste. Non vale la pena di discutere. Credimi. La cosa più importante è non aver paura. Sai, al dolore ci si abitua. Tanto presto come ai più grandi piaceri. Io so come si può oltrepassare il confine del dolore e restare in silenzio, accovacciati e del tutto insensibili. Lo imparerai anche tu. Ma discutere e tentare di dimostrare alcunché non vale proprio la pena. Hai capito?». Rise ancora, sonoramente e con tutto il corpo, vicina a M. V., e cominciò a sputare veloce: «Dunque, strega, come rinunciasti a Dio? Per scritto o a parole? Se per scritto, con cosa scrivesti: con il sangue o con l’inchiostro? Dove, quando e in quale festività? Il demonio voleva sposarti o soltanto fornicare? Come chiamava sé stesso e come si vestiva? Com’erano i suoi piedi? Se sono state nozze, cosa si è mangiato e bevuto? C’era musica? Chi era il musicista? Un uomo o un diavolo? Sai volare? Per volare occorre l’olio? Come si produce, di che colore e con quale odore? Sai liberare la pioggia, il vento, il gelo, la nebbia, la siccità, l’uragano, la grandine? Quanto a lungo durano i tuoi incantesimi e come si eseguono? Il demonio ti ha già visitata qui in prigione?». Tutto il suo corpo incredibilmente magro tremava e fremeva dal riso, e le parole ribollivano come buttate nell’olio bollente: «Prima di tutta, strega, loro ti metteranno alla prova con l’acqua. Poi con il fuoco. Infine con il nuoto e con una bilancia miracolosa. Lo sai che le streghe pesano meno delle persone oneste? Toccami e te ne convincerai». Lei afferrò la mano di M. V. e la passò sulle sue costole sporgenti. Dopo un mese o due sarai anche tu così: pelle e ossa. Non temere. Si può oltrepassare la soglia del dolore. Ma è meglio se ce n’è meno…».
«Non resisterò…» bisbigliò M. V., e queste parole le parvero del tutto vuote e senza senso. «Non ce la farò…».
«Ce la farai. Tutte resistono. Credo che non ci sia nulla che le donne non possano sopportare. A qualcuno pare che Dio abbia maledetto il genere delle donne. E invece è il contrario. Ci ha dato la forza di sopportare tutto. Gli uomini sono invidiosi di questa capacità. E tutto quel che essi fanno di male contro la donna, lo fanno indotti da invidia nera. Te ne sei accorta?».
«Non lo so…».
«Non lo sai? Lo saprai! Oh, tanto, tu qui imparerai tanto. Ringrazia Dio che sei capitata qui, altrimenti dove avresti potuto farti una tale inestimabile esperienza?! Ma la cosa più importante è che tu udrai quel che io soltanto in tutto il mondo posso raccontare!». La donna sospirò profondamente e tacque. Tuttavia, non avendo udito nessuna risposta da M. V., la picchiettò nel fiancò fino a farle male e le chiese: «Forse che non t’interessa? Tu non mi chiedi neanche perché io sono finita qui».
«E perché?».
«Ma a causa del diario di Maria Maddalena!».
«Di cosa?» tornò ancora a chiedere M. V. che invero desiderava una cosa soltanto: che chi le giaceva accanto tacesse una buona volta.
«Sì, sì. Hai capito bene! A causa del diario di Maria Maddalena!».
«E sapeva scrivere?».
«Pensa un po’, ma certo! Uno di quegli uomini, con i quali quella poveretta condivise generosamente il suo corpo, la ripagò non con qualche miserabile spicciolo, ma insegnandole a scrivere. Si capisce però che non è rimasto il testo scritto di suo pugno, ma una traduzione in greco antico.
«E tu sai il greco?».
«Ma perché tu dubiti di noi? Te l’ho già detto: Dio ha dato alle donne qualcosa in più rispetto agli uomini. Io ho tradotto il suo diario dal greco. E l’ho ricopiato tante volte. Per questo ora sono una strega! Hanno bruciato tutto: il manoscritto greco e le mie traduzioni. Ma io ricordo a memoria ogni parola. Invero il diario di Maria Maddalena perirà soltanto allorquando bruceranno anche me. Ma prima sarai tu a sentire la sua vera storia, strega!». La voce della donna cambiò senza preavviso, a tratti pareva addirittura che attraverso di lei parlasse tutt’altra creatura: «Non si sa, se Maria Maddalena abbia scritto ogni giorno quando ancora accompagnava Gesù, o se invece, presa da ispirazione spirituale, abbia narrato la sua esperienza soltanto dopo la morte di Cristo. Soltanto una cosa è chiara: lei si sentì indicibilmente sola, giacché neanche l’eremita nel deserto è solo come chi scrive. E poi, senza dubbio, lei fu molto intelligente».
[…]

Recensioni

«Una Isabel Allende lituana racconta qui in maniera da mozzare il fiato di tre donne che per volere dell’uomo amato rinunciano alla propria identità» (Stern)

«Fu permesso di vendere La strega e la pioggia di Jurga Ivanauskaitė soltanto nei sex shop e ciò ne ha fatto un best seller» (Guardian Book review)

«L’opera di Jurga Ivanauskaitė, classe 1961,… è un esempio della nuova libertà alla quale è decisa la giovane letteratura lituana. Come nessun altro autore o autrice, la Ivanauskaitė si allontana dalla realtà lituana, perfino quando nei suoi romanzi essa è connessa con il presente» (Frankfurter Allgemeine)

Contattaci

Edizioni Joker
Via Crosa della Maccarina, 28/B
15067 Novi Ligure (AL)
Tel/fax 0143.322383
e-mail: info@edizionijoker.com