La Clessidra 1-2/2019
AUTORE
Guglielmo Aprile Luigi Auriemma Mariano Bàino
Franco Capasso Alessandro Carandente Guido Caserza
Franco Cavallo Domenico Cipriano Floriana Coppola
Vera D’Atri Ciro De Novellis Annamaria De Pietro
Prisco De Vivo Pietro Pasquale Del Giudice Carlo Di Legge
Antonio Di Lorenzo Bruno Di Pietro Mariastella Eisenberg
Francesco Filia Mario Fresa Vincenzo Frungillo
Monia Gaita Carmen Gallo Bruno Galluccio
Roberto Gaudioso Antonietta Gnerre Mimmo Grasso
Ferdinando Grossetti Claudia Iandolo Francesco Iannone
Giovanni Ibello Eugenio Lucrezi Wanda Marasco
Giovanna Marmo Stelio Maria Martini Carlangelo Mauro
Rino Mele Marco Melillo Domenico Mennillo
Francesca Moccia Giorgio Moio Melania Panico
Marisa Papa Ruggiero Francesco Papallo Raffaele Piazza
Felice Piemontese Annibale Rainone Enzo Rega
Anna Ruotolo Daniele Santoro Felice Carmine Simonetti
Michele Sovente Antonio Spagnuolo Antonio Trucillo
Raffaele Urraro Nino Velotti Salvatore Violante
Ciro Vitiello Lello Voce
Numero 1-2/2019
Anno XXIII – n. 1-2 – ottobre 2019
TESTI
Rimaniamo saldamente ancorati all’idea che una rivista debba essere un territorio di sperimentazione, una stazione di carotaggio, un laboratorio di idee, e non una sorta di banca nella quale mettere al sicuro un bottino per garantirsi spazi futuri, o un registro nel quale riportare confini territoriali netti (con relative proprietà, rivalse, rivendicazioni, interessi personali e di gruppo). Una rivista non deve essere un luogo chiuso in cui un gruppo di iniziati parla a se stesso secondo codici predeterminati (il cui stiracchiamento è di volta in volta proporzionale all’interesse del momento verso chi vorrebbe entrare), o un tempio in cui qualcuno ha la presunzione di decidere chi può pregare e chi no (e chi, di volta in volta, debba essere pregato). Non bisogna essere inclusivi a tutti i costi, certo: bisogna far capire quale genere di lavoro con la parola si vuole promuovere e soprattutto quale non si è interessati ad amplificare; talvolta si può proporre un lavoro di gruppo, o l’accerchiamento a più teste di un particolare problema o argomento. Tuttavia occorre pensare alle pagine di una rivista (specialmente ora che ce ne sono sempre meno, e che molti dei nuovi tentativi si spengono quasi subito) soprattutto come a una occasione di proposta di materiali, ad un sostegno in termini di visibilità (e, prima, in termini di discussione, consigli, esplorazione dei testi) dato ad autori che a giudizio di chi si impegna in questo lavoro di organizzazione stanno operando con impegno e credibilità senza che il giudizio paghi qualcosa alla prossimità o distanza fra le voci da ospitare (che bussano o alla porta o vengono invitate) e il gusto personale o all’eventuale voce poetica di chi queste scelte le deve operare, talvolta dolorosamente.
Questi criteri valgono anche quando si allestisce una antologia. La quale o è il risultato del lavoro di un gruppo ‒ ma allora o si rientra nel primo caso già citato oppure si dichiara che si sta presentando al pubblico una sorta di manifesto (le antologie che suonano come “il meglio di” sono invece già in partenza talmente ridicole da non meritare considerazione) ‒ o è, come preferiamo, una ampia rassegna di voci raggruppate secondo criteri che, anche se quasi sempre infelici, vanno pur decisi. Una rassegna nella quale vengano rappresentati toni, stili, temi, preoccupazioni formali con l’unico criterio, ci ripetiamo, tanto importante quanto purtroppo difficile da definire, della credibilità del lavoro svolto, magari cercando di promuovere soprattutto (ma il criterio quantitativo dipende dagli scopi dell’antologia) le nuove voci, senza dimenticare che pur in questi tempi affamati di nuovo, un nuovo così spesso volatile e inconsistente, l’essere giovani o sconosciuti non rappresenta in sé un merito o una garanzia.
Discutendo con il poeta, critico e artista Prisco De Vivo circa molti problemi relativi l’attuale sopravvivenza di certe esperienze poetiche al di fuori dei canoni ufficiali, o delle conventicole più forti dal punto di vista pubblicitario ed economico, mi è capitato di osservare come spesso per un appassionato di poesia del profondo Nord come me (un Piemonte ai limiti del confine settentrionale) il mondo poetico del Sud sia una landa quasi inesplorata, se si fa eccezione per i soliti nomi ormai noti da tempo. Non è mancata l’occasione di ripercorrere, con preoccupato divertimento, i molti luoghi comuni sulle persone del Sud e del Nord che circolano, relativi alla “gente di cultura” e non solo, e a tale proposito durante una telefonata mi capitò di citare un aneddoto che riguarda Edoardo Sanguineti: in qualche intervista ricordò come nel 1968, ostracizzato dall’Università di Torino, accettò di andare a insegnare a Salerno e partì con un groppo in gola, come se andasse a finire chissà dove, per poi essere felicemente sorpreso nel trovare una città splendida, un’università vivace con colleghi del livello di Tullio De Mauro, Renzo De Felice o Carlo Salinari, e studenti interessati non ad astratte rivoluzioni ma a capire meglio com’è il mondo.
Non c’è dubbio che il Sud anche in questi termini abbia pagato e stia pagando una certa lontananza geografica e ancor più “mentale” dal resto d’Italia, eppure chi ha ancora la possibilità – perché oggetto di frequenti doni da parte degli autori e perché disposto a curiosare a lungo – di esplorare ciò che viene fatto anche in quella regioni per alcuni di noi così lontane può scoprire una realtà vivissima, sfaccettata, desiderosa di vivere anche se spesso, va detto, un po’ troppo scoraggiata e rassegnata alla propria marginalità (e in qualche caso, ma questo vale per tutt’Italia, troppo convinta che una “regionalità” coltivata del tutto fuori tempo sia una garanzia di qualità). Eppure se cercassimo di non farci distrarre troppo dalla potenza di fuoco, dal temperamento e non raramente dalla sproporzione fra ego e risultati poetici di tanta poesia corporativa, sviluppata e costantemente autoalimentata lungo una sorta di asse invisibile fra Lombardia e Lazio (passante per la Toscana), potremmo affacciarci al lavoro di tanti scrittori di ogni età e di ogni estrazione capaci di consegnarci esperienze vivissime. Istintivamente ho ripercorso con Prisco i molti nomi di autori, critici, artisti campani (essendo la Campania la sua terra) con i quali ho avuto un piacevole rapporto accorgendomi che sono davvero molti, e che spesso gli scambi intellettuali più spontanei e germoglianti li ho avuti proprio con loro; l’amico De Vivo, da parte sua, non ha mai mancato di dimostrare la sua generosità segnalandomi nomi di poeti che non conoscevo e mostrandomi di condividere un certo senso di isolamento del Sud, non necessariamente doloroso (non c’è nessun mitico Nord dal quale farsi riconoscere, ma una terra comune da abitare!) ma oggettivamente presente.
Ne è nata dunque l’esigenza di far riemergere un mio vecchio progetto: antologie regionali che racchiudano un’ampia rassegna di ciò che si va facendo in poesia partendo dal Sud e risalendo lungo la cartina, largheggiando in termini numerici siccome l’intento è dire “ecco buona parte dei poeti operanti nel territorio di oggi, o dello ieri più prossimo, che abbiamo deciso di esaminare”, e avvalendomi non del mio esclusivo punto di vista ma arricchendolo con i suggerimenti di chi lavora nella zona geografica prescelta. La scelta è quindi caduta, per la prima antologia, naturalmente sulla Campania che allo stato attuale (ma si attendono smentite!) si candida ad essere, se si sommano i dati quantitativi e qualitativi, la regione più interessante del Meridione.
Questo lavoro non avrebbe mai visto la luce senza l’entusiasmo e l’ampio, faticoso e generoso lavoro compiuto da Prisco De Vivo nel coordinare con me la scelta e – compito quasi interamente ricaduto su di lui – nel contattare gli autori. Lo stesso Prisco, va detto, seppur schivo e portato a evitare elegantemente una forse inopportuna mescolanza di piani, compare in questa antologia non solo come curatore ma anche come poeta e come artista solo dietro mia precisa e assillante insistenza.
Le scelte sono frutto delle nostre letture e delle nostre conoscenze senza che questo, come detto all’inizio, significhi necessariamente una adesione personale dei curatori a tutte le esperienze proposte in queste pagine, e senza che la loro presenza significhi che a nostro giudizio si tratta delle uniche esperienze interessanti (sarebbero troppe). Si segnala che gli autori sono stati liberi di presentare i testi a loro modo di vedere più interessanti fra gli inediti disponibili, fra i quali il sottoscritto ha operato una ulteriore scelta (sugli inediti è infatti stato chiesto a tutti di focalizzarsi, e compaiono testi editi solo nel caso di alcuni autori già comparsi o che non abbiamo al momento inediti a loro giudizio meritevoli di pubblicazione). Alcuni autori (pochissimi) sono assenti perché non hanno ritenuto utile questa esperienza, altri (pochi, ma troppi) sono assenti perché i particolari momenti della vita da loro attraversati non hanno consentito loro di partecipare. Altri autori ancora, certo, non avrebbero sfigurato ma i casi della vita non ci hanno permesso di incontrarli sulle nostre strade: per loro la porta rimane aperta.
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