Case dove non si abita più

L’autrice

Luisa Futoransky è nata a Buenos Aires nel 1939 ma risiede a Parigi da oltre quarant’anni. La sua voce è tra le più grandi e persistenti nella poesia latino-americana. È stata insignita di numerosi premi e tradotta in diverse lingue; quindi, non è sbagliato parlare di un’artista di portata universale. Laureata in giurisprudenza, ha studiato letteratura dei paesi di lingua inglese con Jorge Luis Borges, oltre che musicologia e pianoforte al Conservatorio Municipal di Buenos Aires con i maestri Carlos Suffern e Cátulo Castillo. Ha lavorato come regista d’opera in Italia e conduttrice radiofonica in Giappone e in Cina e come giornalista per la France Press. Per dieci anni è stata conferenziera presso il Centro Pompidou di Parigi, nonché membro della giuria della penultima edizione del Premio di poesia iberoamericano Pablo Neruda.
Dal 2008 al 2023 è stata responsabile dell’edizione spagnola della rivista «Patrimonio Mondiale dell’UNESCO». È stata borsista della Fondazione Guggenheim (Stati Uniti) e Chevalier des Arts et Lettres (Francia).
La sua opera poetica ha ricevuto nel 2024 il Premio Konex, diploma di merito alle 100 personalità di spicco dell’ultimo decennio delle Lettere argentine (2014-2023).
È autrice di una ventina di raccolte di poesie, cinque romanzi (Son cuentos chinos, 1983, El Formosa, 2010, 23:53: Noveleta, 2013, per citarne alcuni) e diverse opere di saggistica. Tra i suoi numerosi libri in versi ricordiamo: El diván de la puerta dorada (Ed. Torremozas, Madrid, 1984), Antología Poética (Fondo Nacional de las Artes, Buenos Aires, 2002), Inclinaciones (Ed. Leviatán, Buenos Aires, 2006), Pintura rupestre (Ed. Leviatán, 2014), Marchar de día (Ed. Leviatán, 2017), El poema, dos lugares (Ars Poética, Madrid, 2018), Humus… humus (Ed. Leviatán, 2020).

 

I testi

«Le mie radici sono la mia lingua», dichiara in un’intervista Luisa Futoransky, una delle voci più importanti e indispensabili della poesia latino-americana contemporanea. Aprire la mappa, sfumarne i confini, adattarla ad altri contesti e rielaborarne le dimensioni per farne un corpo, una strada percorsa, un punto geografico e un’azione, più che politica, etica, sono alcune delle pratiche poetiche che derivano dalla sua produzione letteraria. La sua vita è stata segnata da esperienze concrete di diaspore, viaggi, pellegrinaggi ed esilio. Figlia della generazione degli anni Sessanta, nelle poesie qui selezionate troviamo anche una predilezione per il tema e l’uso del linguaggio abituale della città, compreso il linguaggio quotidiano, le inflessioni della parlata colloquiale e persino, in alcuni casi, elementi di slang urbano e il linguaggio e il ritmo del tango. In Argentina, poeti come Juan Gelman, Francisco Urondo, Alejandra Pizarnik, Juana Bignozzi e Luisa Futoransky condividono un certo tono generazionale, senza per questo rinunciare a sviluppare posizioni e pratiche poetiche individuali. Nella poesia di Futoransky, decentrare la carta geografica e aprirne i confini, confondere deliberatamente i punti cardinali del globo, è il suo modo di concepire i luoghi, lo spazio e la parola, ma è anche la sua insistenza nel problematizzare altri confini, quelli con cui siamo abituati a creare limiti nelle nostre modalità di conoscenza e convivenza, siano essi geografici, culturali, storici o politici: «Viaggiando si conosce la marcia, la carestia / la sonnolenza della gente / e fa sempre male» (Maledetta tempesta). La sua insistenza sul “come” agire non rimane una mera domanda retorica, ma diventa una sfida, che ci impone di tenere a mente, attraverso la veglia, sia la morte, sia l’amore e la sopravvivenza di tanti esseri umani con cui siamo uniti dallo stesso filo vitale.


Luisa Futoransky

Case dove non si abità più

Un ritratto di Luisa
di Pamela Villoresi

Cura e traduzione dallo spagnolo
di Monica Liberatore

ISBN-13: 978887536573-8

2025

pp. 112

cm 15×21

€ 16,00

Estate e corvi

 

qui questi uccelli
comunque li si chiami
sono corvi
mi scivolano di traverso in gola
sono l’ultima elefantessa ferita
ripiegata nella più tenace piega del ricordo
non ci sono profumi che disperdano
telegrammi
strette di mano
né fazzoletti con lacrime d’addio
sola, la lampadina illuminata
di un qualsiasi tunnel della morte
morte senza candele né orfani
senza elogi funebri
e solo una mera routine di vermi

 

sono con le parentesi abbassate
a giocare il tempo dello sconto

 

***

 

Amato fuggitivo, fragile, profondo agitatore del battito

 

La Regina non ha mai conosciuto l’arte della strategia
credeva che agendo per conto e a rischio di emozioni
la buona sorte l’aspettasse.


Invece
tu, amato
fuggitivo, fragile, profondo agitatore del battito
ti risvegli lontano
mescolando chissà quali sciocchi cucchiaini di caffè
ma, di tanto in tanto
ricordi alla Regina (con una punta di tenerezza)
               segni di La grande guerra
               il Paradiso perduto
               e Via col vento.

 

***

 

Poetica giudice della mia ombra

 

Oggi

è probabile che io sappia qualcosa sull’inquietante

vocazione della scrittura.

 

Ma, mio malgrado

in questa frase:

chi è il soggetto?

Il tacito asino,

in avanti

perché ancor si spaventi?

 

Poesia

è solo

svelare,

scoprire, forse?

la puerilità del resto. 

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